Canto e disincanto – Battisti, il cavallo e Prudente

Canto e disincanto – Battisti, il cavallo e Prudente

Questa sera presso il circolo culturale Babazuf di Castel di Lama terrò il primo di una serie di incontri sulla canzone italiana. Vista l’occasione ne approfitto per pubblicare sul blog un articolo in uscita per la rivista Over.

Durante gli anni ’60 i romanzi di Jack Kerouac e i fondatori della beat generation avevano contribuito a diffondere il mito di un viaggio-vagabondaggio che più che un attraversamento di luoghi era un percorso di scoperta della propria dimensione interiore. Anche tra i giovani d’Italia circolavano racconti di avvenure ad Amsterdam e Londra, di leggendari viaggi fino a Capo Nord in autostop o di ancor più mitiche escursioni negli ashram indiani pubblicizzati dai Beatles.

Non stupisce quindi che all’inizio degli anni settanta nel percorso personale di un musicista o più in generale di un’artista trovasse spazio un “viaggio di formazione” e soprattutto che questo avesse una dimensione pubblica (d’altra parte già da una decina d’anni erano stati fatti pubblici anche il servizio militare di Elvis Presley o Gianni Morandi..).

Nel 1970 Mogol aveva 34 anni e Lucio Battisti 27. Su proposta del paroliere i due progettarono un viaggio a cavallo da Milano a Roma che ebbe luogo tra giugno e luglio. Battisti lo raccontò in tre articoli per “Tv-Sorrisi e Canzoni”, ma il segno più importante di quell’esperienza si manifestò nell’album Amore e non amore.

La partenza avvenne il 21 giugno dalla Cascina Longora, nel comune di Carpiano, dove il cantautore aveva preso le prime lezioni di equitazione in previsione del viaggio. Neppure Mogol era un cavaliere esperto e l’organizzazione complessiva era abbastanza casereccia. Durante il tragitto furono accompagnati da Oscar Prudente (poi collaboratore di Ivano Fossati) che li precedeva con una jeep e una roulotte, cercando ospitalità presso case di contadini e avvertendo gli abitanti dei paesi e delle frazioni dell’arrivo della coppia a cavallo. Il percorso seguito puntò dapprima in direzione di Pavia e, valicando l’Appennino, verso Sarzana e l’Aurelia, seguendo tuttavia strade secondarie e sentieri meno trafficati della statale. A tappe di circa 30 km al giorno i due entrarono a Roma il 26 di luglio. Il filmato di quel momento, girato in Super8 e sonorizzato dallo stesso Battisti con Mario Tessuto, è rintracciabile su Youtube.

A distanza di quasi quarant’anni (40, per dire, meno di quanti ne passano tra il viaggio a cavallo e la Seconda Guerra Mondiale) oggi quell’esperienza sembra poterci offrire ancora alcuni spunti di riflessione. Si trattò di uno dei primi approcci pop in Italia al tema dell’ecologia e del rapporto con le tradizioni. Non uno studio antropologico alla De Martino o un documentaristico viaggio sul Po alla Soldati, ma l’attraversare in maniera insolita e libertaria, beat, il terreno che per altri era consuetudine di vita e fatica. Amore e non amore, il frutto artistico di quel viaggio, si presentò non come un disco di riflessione o ricostruzione folklorica, ma come uno dei semi della musica progressive italiana. I musicisti che accompagnarono Battisti nel disco erano Alberto Radius e Dario Baldan Bembo e i membri del complesso I Quelli (Premoli, Di Cioccio, Mussida, Piazza) che cambiò presto nome in Premiata Forneria Marconi. A quattro canzoni di impianto tradizionale Battisti e Mogol alternarono quattro brani strumentali in cui il titolo si presenta di lunghezza insolita: Seduto sotto un platano con una margherita in bocca guardando il fiume nero macchiato dalla schiuma bianca dei detersivi, 7 agosto di pomeriggio. Fra le lamiere roventi di un cimitero di automobili solo io, silenzioso eppure straordinariamente vivo, Davanti ad un distributore automatico di fiori dell’aeroporto di Bruxelles, anch’io chiuso in una bolla di vetro, Una poltrona, un bicchiere di cognac, un televisore, 35 morti ai confini di Israele e Giordania. I titoli nella loro lunghezza cristallizzano momenti di riflessione che si sviluppano nei brani strumentali. Di fronte a tematiche forti, sociali, esistenziali ed ecologiche, sembra che Mogol rinunci alla narratività della canzone per sospendere uno sguardo oggettivo e passare ad una dimensione soggettiva ed interiore in cui lo sviluppo degli arrangiamenti prog permette di arrivare di fronte ad una intuizione. Il disco, pronto alla fine dell’estate 1970, venne distribuito dalla Ricordi solo nel 1971 dopo il successo ottenuto dall’altro LP Emozioni, registrato nell’autunno del ’70.

Un secondo spunto di riflessione può essere dato dall’approccio naif a quella che oggi sarebbe considerata un’operazione di marketing. Anziché considerare il viaggio come un momento privato Oscar Prudente, paese per paese, aveva il compito di attirare l’attenzione della provincia italiana sull’astro nascente della canzone e del suo fido scudiero. Per quanto l’organizzazione fosse incerta è difficile non scorgere in questo comportamento un intento pubblicitario vero e proprio. La sfera privata d’altra parte era già da tempo un oggetto di consumo che la gente di spettacolo dava in pasto al pubblico. Colpisce però che nello stesso anno Battisti smetta di esibirsi in tour (5 agosto, Grottammare) avviando quel processo di allontanamento dalle scene che culminerà con l’auto-esclusione dalla televisione.

Il percorso di formazione di un’artista (di un intellettuale) ha quasi sempre un peso nella valutazione delle sue opere da parte del pubblico. Non solo per una patina festicista e voyeuristica, ma di più perché sembra che nelle esperienze personali ci sia parte del senso che si troverà nel libro, nel quadro o nella canzone. Ma come leggere un’esperienza come quella di Battisti e Mogol, così sulla linea tra spontaneismo e pianificazione, in un momento storico che la sensibilità di Pasolini definirà come quello della “morte delle lucciole”?

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