Del rispetto del pubblico non pagante

Del rispetto del pubblico non pagante

Ieri sera sono stato a sentire un concerto che mi dicono “indie”. Siccome dicono indie sembra una cosa nuova, ma a me è sembrato un concerto come ce n’erano quindici anni fa con gruppi sconosciuti. Il concerto era aperto da Mattia Coletti, chitarrista silenzioso. Sono arrivato che sembrava stesse accordando, mi dicono che il concerto è appena iniziato. Ascolto da lontano e viene fuori che sa suonare la chitarra. L’abbiamo davvero capito che sa suonare la chitarra.

Poi, come gruppo centrale della serata si sono esibiti i Comaneci, che non sono neanche male. Delicata ed espressiva voce lei, buone sonorità alla chitarra lui. Si esibiscono in duo, ma da quanto si capisce dai video su Youtube la formazione è variabile. Non sono male, ma se penso che stanno, per me, nella fascia di She & Him, Soap & Skin o di molti altri ammericani indie, penso che abbiano ancora troppa strada da fare.

La star della serata doveva essere ?Alos che nel sito annuncia di occuparsi di musica, arte, fashion. Ha iniziato con una cerimonia fatta di offerte bacchiche e suoni gutturali e una veletta nera da prèfica. Sembrava un rito iniziatico e poi ha iniziato il concerto e ha proseguito coi suoni gutturali. Immaginate un soundcheck di un gruppo death, fatto con un ronzio di fondo alla cassa (che ronzava davvero). Dopo un po’ sono andato via, rimpiangendo le Diplofonie e triplofonie di Demetrio Stratos.

E’ vero che non ho pagato il biglietto per ascoltare la serata, ma sono andato al concerto per soddisfare le mie esigenze di spettatore: scoprire qualcosa di nuovo, qualcosa di emozionante, qualcuno che dimostrasse talento e professionalità. Mi sono trovato davanti a qualcuno che aveva bisogno di affermare il proprio ego di artistafuoridaicanoni (salvo il fatto che prima ci sono stati i Velvet underground, New York, Berlino, i CCCP, Francois Regis Cambuziat, Vincenzo Onorato, per dire).

Se tu artista non ti metti chiaro in mente di stabilire un rapporto con me spettatore o pubblico, invitandomi ad entrare nel tuo mondo, continuerai ad accordarti la chitarra da solo.

Questi sono i Comaneci.

6 Comments
  • Mr.Omus
    Posted at 15:15h, 02 Dicembre Rispondi

    Fabio, i Comaneci sono una bella realtà. Da Centobuchi a SBT, grazie a due bravi gestori di locali stiamo scoprendo gruppi che passano prima da noi piuttosto che nelle grandi città.
    Ogni bravo gruppo prende sempre spnto da qualche grande gloria e non mi sembra che i Comaneci siano dei plagi di lavoro altrui.
    Ps. li premio anche per l’artwork

  • Fabio
    Posted at 15:42h, 02 Dicembre Rispondi

    Non passano “prima” da noi ma “anche” da noi.
    Non mi preoccupo se qualcuno usa coscientemente qualcosa di prodotto da altri. Plauto e Virgilio, secondo i canoni dell’originalità a tutti i costi avrebbero fatto bancarotta in tribunale per plagio. Però la coscienza di quel che si fa, di dove si è, di dove si potrebbe arrivare ti fa fare un salto di qualità non da poco.
    A quale artwork ti riferisci?

  • Mr.Omus
    Posted at 16:38h, 02 Dicembre Rispondi

    all’artwork dell’ultimo album dei Comaneci.
    comunque usare coscientemente il prodotto di altri significa anche usare prodotti di qualità. per me Comaneci lo sono. Credo anche che sappiano aìdattarsi benissimo al dove si è, ne da prova l’alto coinvolgimento delle persone presenti.

  • suinonatante
    Posted at 17:00h, 02 Dicembre Rispondi

    fà, mi dispiace ma condivido poco; metto da parte i giudizi sulla serata di ieri perché non credo di essere capace di analizzare in maniera adeguata un opera artistica; ultimamente mi sto riducendo a dire “mi piace/non mi piace” e poco più e posso solo dire che, a parte il primo ragazzo che tra l’altro, sia per il volume basso sia per lo scarso interesse che avevo, non ho assolutamente ascoltato, la serata mi è sembrata positiva.
    tornando al tuo post io non credo che il compito di un’artista sia per forza quello di creare un rapporto con il pubblico, il compito dell’artista è di cercare di esprimere qualcosa, che sia un’emozione o un messaggio od entrambi o altro, poi dipende da un insieme di altri fattori che il messaggio/emozione così veicolata arrivi (o non arrivi per nulla o arrivi solo in parte) in maniera profonda al pubblico.
    che c’è di male in uno che strimpella una chitarra e pensa di esprimere in questa maniera il suo malessere interiore o un coito interrotto? poi so cazzi tuoi, pubblico, decidere se ne è valsa la pena o meno. punto. semplice come poco altro.
    se gli artisti avessero inseguito sempre l’esigenza di essere capiti o di stabilire un rapporto con qualcun altro (e questo non significa che poi non sia così effettivamente avvenuto) credo che non avremmo mai avuto alcuni dei gruppi musicali che citi tu.

  • Fabio
    Posted at 00:11h, 03 Dicembre Rispondi

    Il mondo è pieno di grandissimi artisti che non hanno tirato fuori la loro arte dal cassetto o dall’armadio. Così come è pieno di artisti la cui grandezza è stata riconosciuta post-mortem. Non è una questione particolarmente significativa.
    Chi canta in pubblico sceglie di confrontarsi col pubblico. E non mi può dire sbalordisci, perché “io sono l’artista”. E sticazzi?
    Ieri sera non abbiamo pagato il biglietto, o meglio, abbiamo consumato birra. Da lì è venuto fuori il compenso per l’artista. Si è fatto pagare e mi ha rifilato una sòla.
    Negli anni 90 bisognava girare i centri sociali, più o meno occupati, per andarsi a vedere i concerti. Adesso ci siamo dati una ripulita, la connotazione politica è meno di moda, ma il meccanismo per cui se entri in un certo circuito ti viene accreditata automaticamente fiducia non è cambiato.
    Se esistono gli artisti esistono anche i critici d’arte. E il primo a dover esercitare il diritto di critica è il pubblico.

  • suinonatante
    Posted at 19:49h, 04 Dicembre Rispondi

    chi canta in pubblico sceglie di confrontarsi con il pubblico, verissimo, ma la creazione artistica prescinde dalla sua rappresentazione pubblica. l’artista, per me, DEVE creare quel che sente di dovere creare indipendentemente da chi pensa che usufruirà della sua opera, se vi sarà mai qualcuno che lo farà, perché altrimenti la creazione stessa sarà falsata in partenza e poco sincera e personale.

    il pubblico da parte sua sceglie se apprezzare o meno ciò che l’artista gli permette di vedere o ascoltare o entrambe le cose.
    la “fiducia” è il passo successivo alla “scoperta” o “conoscenza” senza il quale non può avvenire. io non mi lamento mai di aver assistito ad una rappresentazione artistica, in particolare se da uno sconosciuto, che mi piaccia o meno, basta che la percepisca sincera, perché grazie a ciò ho avuto modo di capire meglio cosa mi entusiasma e cosa non lo fa, perché così ho avuto modo di annoiarmi a morte o di divertirmi o commuovermi o emozionarmi (come mi è successo con i comaneci).

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